Mi presento, sono Edoardo Ercoli, uno degli Psicologi fondatori di Obiettivo Psicologia s.r.l, la società che ha ideato e gestisce la Scuola di Counseling Psicologico.
Tra le mie attività c’è quella di svolgere i colloqui conoscitivi con chi mostra interesse verso la nostra Scuola di Counseling Psicologico: laureandi, neolaureati in Psicologia e neopsicologi.
L’idea di questo articolo nasce proprio dai tanti colloqui svolti e, in particolare, dalla constatazione di quanta confusione ci sia rispetto alla nostra professione ed alla nostra identità professionale, soprattutto per quanto riguarda il versante clinico ed evolutivo.
Ma da dove nasce tale confusione?
A ben guardare il percorso formativo formale e istituzionale che bisogna svolgere per diventare Psicologi è sufficientemente lungo ed articolato: test di ammissione, cinque anni di studi, tirocinio pre e/o post lauream, esame di stato, iscrizione all’albo. E poi?
Mi domando come sia possibile che dopo un simile percorso ancora si abbiano dubbi circa elementi sostanziali e basilari? Eppure i dubbi ci sono e sembrano essere molti e molto diffusi al punto che diversi neopsicologi neanche sembrano conoscere le possibilità e i diritti tanto faticosamente guadagnati. Ma cosa ancor più allarmante: sembra non sia ben chiaro che quella dello Psicologo è a tutti gli effetti una professione specifica, distinta e diversa rispetto a quella dello Psicoterapeuta.
Molto spesso mi è capitato, ad esempio, di sentire neopsicologi considerare la Scuola di Psicoterapia come necessaria per intraprendere la professione. Il punto è: a quale professione ci si riferisce? Certamente se il mio obiettivo professionale è quello di diventare uno Psicoterapeuta dovrò iscrivermi ad una Scuola di Psicoterapia riconosciuta dal M.i.u.r, ma tale obbligo decade se voglio intraprendere la professione di Psicologo. Eppure sembra essersi radicata la convinzione che anche per fare lo Psicologo si debba prima seguire una Scuola di Psicoterapia pur essendo questa una falsa credenza.
Partiamo dalle basi: cosa occorre a livello burocratico e formale per poter intraprendere la professione di Psicologo?
La risposta a questa domanda è semplice e chiara: l’unica cosa formalmente necessaria è essere iscritti all’Albo Professionale degli Psicologi e, da un punto di vista fiscale, aprire un’adeguata posizione Iva e iscriversi all’Enpap, il nostro ente previdenziale.
Per lavorare come Psicologo non sono necessari altri titoli, attestati, certificati e via dicendo: basta solo ed esclusivamente l’iscrizione all’Albo.
Uno Psicologo non Psicoterapeuta può dunque lavorare: non è un caso che il percorso universitario, il relativo Esame di Stato e, non da ultimo, l’Ordine professionale a cui ci si iscrive e a cui si versano annualmente le tasse siano per l’appunto di Psicologia non di Psicoterapia.
Certo l’esercizio professionale dello Psicologo deve muoversi entro specifici ambiti d’azione rispettando alcuni vincoli etico/deontologici che uno Psicologo deve conoscere e rispettare con grande attenzione.
Nello specifico sottolineiamo che lo Psicologo non può prendere in carico situazioni in cui sia presente una psicopatologia: in simili casi dovrà o lavorare in equipe o inviare la persona al professionista più adatto e competente (psicoterapeuta, psichiatra, struttura). Sottolineiamo comunque che anche in simili circostanze molte volte l’intervento psicologico è funzionale, ad esempio, ad indirizzare la persona e/o a stimolarne la consapevolezza circa la necessità di svolgere un lavoro diverso.
Lo Psicologo può lavorare in tutti quei casi in cui la persona si trovi a sperimentare e vivere un disagio situazionale.
In tal senso ben nota e triste etichetta “medico dei pazzi” appare quanto di più lontano rispetto alla professione reale dello Psicologo che lavora e deve lavorare su una base di “normalità” e non può prendere in carico persone con disturbi psicopatologici, a meno che non faccia parte di un’equipe integrata.
Inoltre, le situazioni in cui le persone necessitano di un intervento prettamente psicologico e non psicoterapeutico, specialmente nel momento storico/sociale attuale, sono tantissime: pensiamo ad esempio a specifiche situazioni legate al ciclo di vita (separazione, divorzio, lutto, perdita del lavoro e via dicendo) o a situazioni più generiche (difficoltà relazionali e/o emotive, autostima poco strutturata, per citarne alcune).
Le possibilità di intervento e di lavoro dello psicologo sono molteplici ed eterogenee sia in riferimento all’intervento clinico sia sul fronte dell’informazione della prevenzione, dell’empowerment e del potenziamento della dimensione di benessere.
Tornando alla specificità professionale, la differenza tra Psicologo e Psicoterapeuta appare ben evidente se si pensa al fatto che uno Psicoterapeuta, ad esempio, può anche non essere uno Psicologo, come nel caso dei medici-psicoterapeuti
Si tratta dunque di due professioni diverse seppure accomunate dal fatto che alla base di entrambe esiste una relazione d’aiuto e che l’aiuto prestato è di stampo e natura psicologica. Forse proprio tale comunanza, unita alla mancanza di atti tipici della professione di Psicologo e ad una carenza informativa ha contribuito e contribuisce a generare confusione, dubbi e mancanza di chiarezza. Tale confusione viene probabilmente amplificata anche dalla percezione, ahimè spesso fortemente auto-svalutativa che gran parte degli Psicologi stessi hanno rispetto all’identità professionale dello Psicologo in quanto tale. Pensate forse che un medico non psicoterapeuta si senta di minor valore rispetto ad un medico psicoterapeuta? Chissà…
Probabilmente molti neopsicologi, principalmente di indirizzo clinico o evolutivo, si sentono invece di minor valore rispetto a colleghi psicologi psicoterapeuti quasi come se la formazione in Psicoterapia fosse un percorso integrativo necessario, una sorta di completamento abilitante rispetto all’essere Psicologi. Ma le cose non stanno esattamente così: infatti non essendo il focus dell’intervento psicologico lo stesso di quello psicoterapeutico ben si comprende che anche gli strumenti di intervento devono essere differenti e specifici, seppur legati da una matrice comune.
Ci tengo a specificare che quanto detto non è assolutamente da intendersi come una posizione critica nei confronti delle Scuole di Psicoterapia, che rappresentano la base formativa per chi vuol intraprendere la professione psicoterapeutica, ma semmai un monito di attenzione contro la mancanza di informazione e di consapevolezza che facilmente può portare ad intraprendere percorsi senza neppure aver riflettuto sulla propria meta e a dotarsi di bagagli e strumenti non rispondenti alle proprie esigenze.
Credo fortemente che il primo passo per la propria realizzazione professionale sia proprio quello di dedicare tempo e attenzione alla conoscenza e alla definizione stessa dei propri obiettivi professionali ricordando che “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.”
E proprio nella dimensione della consapevolezza credo sia basilare ricordare a tutti coloro che intendano intraprendere la professione di psicologo che non occorre essere Psicoterapeuta per lavorare come Psicologo!
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