Negli ultimi decenni l’obesità è diventata una patologia sociale: l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’obesità un’epidemia globale che attualmente colpisce un miliardo e 300 milioni di individui nel mondo, coinvolgendo il 50% della popolazione adulta nei paesi industrializzati e ipernutriti (dati OMS del 2011).
Anche in Italia la prevalenza del sovrappeso e dell’obesità è in aumento in modo allarmante: circa il 36% degli adulti è in sovrappeso e il 10,3% è obeso
Il problema non riguarda solo un fattore estetico: le ricerche dimostrano che le persone in sovrappeso e obese sono soggette a maggiori rischi di contrarre malattie croniche connesse all’eccesso ponderale (diabete, colesterolemia, patologie cardiovascolari, malattie osteoarticolari, ipertensione, disturbi del respiro e del sonno, alcune forme di cancro, depressione, …), inoltre l’obesità riduce l’aspettativa di vita dai sei ai diciassette anni ed è la seconda causa di morte dopo il fumo; si tratta anche di un problema sociale: questa patologia costa allo Stato oltre otto miliardi di euro, corrispondenti al 6,7% della spesa pubblica complessiva.
Le ricerche degli ultimi cinquant’anni sui disturbi del peso corporeo rivelano che il 90% delle persone che fanno una dieta dimagrante riprende i chili persi e, talvolta, aumenta ulteriormente di peso entro i successivi cinque anni, seguendo il principio “tutto o nulla”, per cui «se sono a dieta non mangio nulla, quando finisco la dieta posso mangiare tutto ciò che voglio».
Ciascuno di noi riconosce ciò che è sano per il proprio benessere e ciò che non lo è, gli stessi individui che hanno sperimentato numerose diete dimagranti che a lungo termine si sono rivelate fallimentari sono, in realtà, ben consapevoli di cosa, come e quanto dovrebbero mangiare.
Ma allora perché le diete falliscono?
Il regime dietetico risulta a lungo termine inefficace in quanto si oppone al processo naturale di controllo del peso (set point), influisce negativamente sugli aspetti sociali, psicologici, cognitivi ed emotivi dell’individuo ed è, inoltre, uno dei fattori precipitanti all’insorgere dei Disturbi del Comportamento Alimentare.
Eppure la Diet Industry, ci bombarda quotidianamente con la promozione dei più svariati programmi e prodotti farmaceutici e cosmetici con poteri dimagranti, con la falsa illusione che si può dimagrire in modo facile acquistando il prodotto miracoloso. Attualmente la Diet Industry è responsabile dell’aumento dell’obesità nella popolazione mondiale, eppure è un
mercato in continua crescita perché sfrutta la disinformazione e la necessità delle persone di perdere peso senza sforzo.
Perché è cosi difficile seguire una dieta dimagrante?
Il paradosso della dieta sta nell’attribuire il fallimento a se stessi, alla propria forza di volontà che vacilla, ciò innesta una loop senza fine: la dieta restrittiva si basa su un principio di controllo e sacrificio, col passare del tempo le limitazioni alimentari diverranno insostenibili e il soggetto tenderà a trasgredire; la trasgressione provoca un senso di fallimento che induce la persona a sgarrare ulteriormente, considerando il sacrificio inutile e colpevolizzandosi per non esser stati in grado di seguire la dieta; una volta interrotta la dieta, il soggetto tende ad ingrassare ed in seguito a ricercare un nuovo programma dietetico che gli permetta di perdere peso nuovamente, reiterando e aggravando la propria condizione di salute.
È scorretto credere che tutto dipenda dalla forza di volontà: spesso gli schemi alimentari imposti dalle diete restrittive sono troppo rigidi, ripetitivi e noiosi e a volte risultano anche difficili da seguire, imponendo di pesare e mangiare specifici alimenti e limitando, di conseguenza, anche la vita sociale dell’individuo.
Spiega Nardone che
«mentre chi si astiene porta sempre con se il desiderio di ciò da cui si è astenuto, chi si concede il piacere di ciò che desidera dopo un po’ non lo desidera più così tanto»,
pare che il tentativo di controllo che impone la dieta restrittiva, se inizialmente risulta efficace, produca nel tempo l’effetto opposto inducendo il soggetto alla perdita di controllo; risulta evidente che una programma funzionale per la cura del sovrappeso e dell’obesità dovrà tenere conto del principio di piacere dell’individuo calibrando il momento del pasto sui bisogni, le necessità e i gusti personali.
Come dimagrire senza dieta: il ruolo dello Psicologo
Il Counseling Alimentare è un percorso di promozione della salute psicofisica e di educazione alimentare. È indicato per tutti coloro (individui o gruppi) che, non avendo patologie psichiche, hanno problematiche relative al cibo, alla corporeità e alla gestione dei propri stati emotivi e intendono modificare il proprio comportamento nei confronti del cibo; è altresì indicato per soggetti a rischio, con funzione preventiva, informativa ed educativa.
Il Counseling Alimentare andrà ad agire sulle cause comportamentali, affettive
e psico-sociali dell’individuo, andrà a modificare lo stile di vita e le abitudini alimentari scorrette e ad offrire conoscenze sul piano alimentare e nutrizionale.
Perché consultare lo psicologo per la gestione del comportamento alimentare e del peso corporeo?
Perché il comportamento alimentare è un comportamento, e in quanto tale subisce l’influenza di fattori sociali, cognitivi e di personalità; spesso un comportamento disfunzionale viene influenzato da false credenze, pensieri scorretti, emozioni e motivazioni intrinseche che saranno l’ambito di intervento dello psicologo.
Finora i trattamenti del sovrappeso e dell’obesità hanno sottovalutato la valenza psicologica del cibo: ogni individuo attribuisce al cibo significati personali, ragion per cui le diete restrittive, riservando all’individuo un ruolo passivo, risultano limitanti.
Il Counseling Alimentare sposterà l’attenzione dal Principio del Dovere, al Principio del Piacere: dal regime alimentare all’ascolto dei propri bisogni: non va sottovalutato che il comportamento disfunzionale ha sempre lo scopo di preservare uno stato di benessere, per cui ci si abbuffa per far fronte alla noia, alla mancanza di affetto, ad un senso di oppressione, ad un bisogno di consolazione o ancora per evadere da una situazione, per proteggersi, per
attirare l’attenzione, per calmarsi, per placare lo stress, per soffocare un’emozione, ecc…
Solo l’individuo può dirci qual’è il significato che attribuisce al cibo in quel momento.
Secondo la teoria dei bisogni di Maslow, il soddisfacimento di un bisogno induce a cercare la soddisfazione dei bisogni del livello superiore; di conseguenza, se consideriamo i bisogni fisiologici soddisfatti, riconosceremo che il comportamento disfunzionale viene messo in atto per soddisfare un bisogno secondario.
Chi si rivolge allo Psicologo per un consulto sul comportamento alimentare dovrà imparare a riconoscere i bisogni secondari e a far fronte loro con comportamenti appropriati, in seguito si lavorerà per sradicare quei comportamenti che sono diventati cattive abitudini.
Come è strutturato un percorso di Counseling Alimentare?
I primi colloqui permettono allo psicologo di indagare la storia del peso del cliente e di riconoscere le cause dell’aumento di peso; si lavorerà insieme per individuare quali sono i significati che il cliente attribuisce al cibo: il cibo dovrà rispondere al bisogno della fame, pertanto il cliente sarà educato al riconoscimento del senso di fame e sazietà e al riconoscimento di bisogni altri che dovranno essere soddisfatti con sistemi alternativi di
gratificazione. L’obiettivo è di offrire alla persona la possibilità di mangiare con piacere, solo quando ha fame, a tal proposito verrà invitato il cliente a mangiare ciò che desidera, eliminando l’idea che ci sono cibi da considerare proibiti.
Sarà fondamentale predisporre un percorso di riscoperta del piacere, individuando cosa intende l’individuo per piacere, in quali situazioni lo prova e come lo manifesta, e riscoprendo il gusto del cibo e di modalità alternative per procurarsi piacere; sarà approfondito anche un lavoro sull’autostima: spesso le persone che hanno problemi legati al peso e alla propria immagine corporea vivono un senso di inadeguatezza, verranno pertanto condotti all’elaborazione di un’immagine positiva di sé e sollecitati a ricercare modalità per prendersi cura di sé. Risulta efficace a tale scopo la Programmazione Neuro Linguistica (PNL).
Le tecniche della PNL ci insegnano che il nostro cervello non discrimina una situazione reale da una situazione immaginata, possiamo confutare la false credenze e produrre immagini piacevoli di sé con l’utilizzo delle tecniche immaginative.
È quindi sul potere della mente che bisogna agire, è conveniente, per questo motivo, lavorare su aspettative realistiche, individuando obiettivi specifici e raggiungibili.
Strumento elettivo per focalizzarsi sugli obiettivi ed evitare gli errori reiterati è il Diario Alimentare: scrivere ciò che si mangia, annotando le emozioni e i pensieri associati a quel momento sembra essere la strategia efficace per correggere le proprie abitudini nei confronti del cibo e perdere i chili di troppo, in quanto permette di riconoscere gli eccessi e di modificarli, inoltre aumenta la motivazione dell’individuo e la sua forza di volontà in quanto offre un ruolo attivo e centrale nella cura del proprio benessere psicofisico.
Questo approccio è ad oggi la strategia più funzionale per garantire la perdita di peso consapevole, e per il mantenimento dei risultati a lungo termine.
Ylenia Iorillo
BIBLIOGRAFIA
• Bandler R. & Garner T., “PNL per il benessere. Come vivere felici usando la Programmazione Neuro Linguistica”, Alessio Roberti Editore
• Beck J., “Dimagrire con il metodo Beck”, Erickson.
• Calabrese G. “L’inganno delle Diete”, Piemme.
• Dalle Grave R., “Come vincere i disturbi dell’alimentazione”, Positive Press
• Dalla Grave R., “Perdere e mantenere il peso. Un nuovo programma cognitivo
comportamentale”, Positive Press
• Dalla Grave R., “Terapia cognitivo comportamentale dell’obesitá”, Positive Press
• Maslow A. H., “Motivazione e personalità”, Armando Editore
• Nardone G., “La dieta paradossale”, Ponte alle Grazie